Con propria circolare n. 9 del 9 ottobre 2023 (All. n. 1), il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha fornito le prime indicazioni sulle innovazioni più significative introdotte dal decreto-legge n. 48 del 2023, come modificato in sede di conversione dalla legge 3 luglio 2023, n. 85, sulla disciplina del contratto di lavoro a termine.

In particolare, il documento ministeriale prende in esame le disposizioni dell’articolo 24 del decreto-legge citato, intervenuto in modo significativo:

  1. sulla disciplina delle condizioni che possono legittimare l’apposizione di un termine al contratto di lavoro (articolo 19 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 e successive modificazioni);
  2. sul regime delle proroghe e dei rinnovi di tale tipologia di contratto (articolo 21 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 e successive modificazioni);
  3. sulle modalità di computo dei limiti percentuali di lavoratori che possono essere assunti con contratto di somministrazione (articolo 31 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 e successive modificazioni).

Di seguito sono richiamate le indicazioni più rilevanti contenute nell’atto, cui si rinvia per una completa disamina degli orientamenti ministeriali.

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Relativamente alla nuova disciplina delle c.d. “causali” del contratto di lavoro a termine, il c.d. “Decreto lavoro” ha inteso, come noto, valorizzare il ruolo della contrattazione collettiva nella individuazione dei casi che consentono di apporre al contratto di lavoro un termine superiore ai dodici mesi, ma in ogni caso non eccedente la durata massima di ventiquattro mesi, nel rispetto di quanto previsto dal comma 1 dell’articolo 19 del d.lgs. n. 81 del 2015.

In proposito, la nuova lettera a) introdotta al comma 1 dell’articolo 19 del d.lgs. n. 81 del 2015 si limita a riaffermare la prerogativa, già in precedenza riconosciuta alla contrattazione collettiva, di individuare tali casi, purché ciò avvenga ad opera dei contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dai contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali delle suddette associazioni, ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.

La nuova lettera b) del medesimo comma 1 esplicita che, in assenza delle previsioni di cui alla lettera a) – che richiama tutti i livelli della contrattazione collettiva – le condizioni possano essere individuate dai contratti collettivi applicati in azienda, fermo restando il rispetto delle previsioni di cui all’articolo 51 del decreto legislativo n. 81 del 2015 in ordine alla qualificazione dei soggetti stipulanti, in un’ottica di valorizzazione della contrattazione di prossimità.

La stessa lettera b) introduce, altresì, la possibilità che le parti del contratto individuale di lavoro – in assenza di specifiche previsioni contenute nei contratti collettivi – possano individuare esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva che giustificano l’apposizione di un termine al contratto di lavoro di durata superiore ai dodici mesi (ma ugualmente non superiore ai ventiquattro mesi).

Di tale possibilità le parti individuali possono tuttavia avvalersi solo transitoriamente: entro la data del 30 aprile 2024, infatti, le Parti sociali, le cui previsioni – come visto – costituiscono per il legislatore fonte privilegiata in questa materia, dovranno adeguare alla nuova disciplina i contratti collettivi sopra richiamati.

La Circolare ministeriale chiarisce, sul punto, che la data del 30 aprile 2024 deve intendersi riferita alla stipula del contratto di lavoro, la cui durata potrà pertanto estendersi oltre la stessa.

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La Circolare in commento prende quindi in esame il comma 1-bis dell’articolo 24, con il quale il decreto-legge interviene a modificare l’articolo 21 del richiamato decreto legislativo n. 81 del 2015 ed il regime delle proroghe e dei rinnovi del contratto di lavoro a termine.

In particolare, il citato articolo prevede ora che, nei primi dodici mesi, proroghe e rinnovi possono intervenire liberamente. In tal modo, il regime di proroghe e rinnovi, previsto dall’articolo 21, comma 01 del d.lgs. n. 81 del 2015, è più coerente con quanto previsto dall’articolo 19, comma 1, del medesimo decreto.

Per eventuali periodi successivi ai dodici mesi l’obbligo delle condizioni previste dall’articolo 19, comma 1, resta invece confermato.

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La Circolare fornisce utili chiarimenti anche in ordine all’applicazione del comma 1-ter, aggiunto al testo originario dell’articolo 24 in sede di conversione del decreto-legge.

In particolare, tale disposizione prevede che, ai fini del raggiungimento del limite massimo di dodici mesi (previsto sia dall’articolo 19, comma 1, sia dall’articolo 21, comma 01 del d.lgs. n. 81 del 2015), si tiene conto unicamente dei contratti di lavoro stipulati a decorrere dal 5 maggio 2023, data di entrata in vigore del decreto-legge n. 48 del 2023 (pubblicato in G.U. in data 4 maggio 2023).

La Circolare prende in esame l’effetto di tali disposizioni, dirette a consentire ulteriori contratti di lavoro a termine privi di causale per la durata massima di dodici mesi, indipendentemente da eventuali rapporti già intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore prima dell’entrata in vigore del decreto-legge n. 48 del 2023.

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Con l’obiettivo di superare alcune limitazioni per particolari categorie di lavoratori, il c.d. “Decreto Lavoro” ha introdotto modifiche anche alla disciplina della somministrazione di lavoro a tempo indeterminato.

La Circolare ministeriale prende così in esame pure il comma 1-quater dell’articolo 24, anch’esso aggiunto in sede di conversione del decreto-legge e modificativo dell’articolo 31, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2015.

A seguito della riforma, infatti, è ora previsto che ai fini del rispetto del limite del 20 per cento, previsto dal primo periodo del comma 1, non rilevano i lavoratori somministrati assunti dall’agenzia di somministrazione con contratto di apprendistato.

Inoltre, è ora espressamente esclusa l’applicabilità di limiti quantitativi per la somministrazione a tempo indeterminato di alcune categorie di lavoratori, tassativamente individuate, tra cui i soggetti disoccupati che fruiscono da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali, i lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati ai sensi dell’articolo 2, numeri 4 e 99, del Regolamento (UE) n. 651/2014, come individuati dal decreto ministeriale del 17 ottobre 2017.

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Diretta a garantire l’uniforme applicazione delle modifiche introdotte dal legislatore, la Circolare n. 9 chiarisce, tra l’altro, che il decreto-legge n. 48 del 2023 ha lasciato inalterato:

  1. il limite massimo di durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato che possono intercorrere tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, che resta fissato in ventiquattro mesi, fatte salve le diverse previsioni dei contratti collettivi, ai sensi dell’articolo 19, comma 2, del d.lgs. n. 81 del 2015 e la possibilità di un’ulteriore stipula di un contratto a tempo determinato, della durata massima di dodici mesi, presso la sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 19;

Le indicazioni ministeriali che precedono, già condivise con l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, orienteranno certamente l’attività di vigilanza; consentiranno, inoltre, una più adeguata ricognizione delle prassi applicative relative alle tipologie contrattuali considerate dalla Circolare.

Circolare n.9/2023

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